Benedizione dei papà
Padri non si nasce, lo si diventa. E non lo si diventa solo perché si mette al mondo un figlio,ma perché ci si prende responsabilmente cura di lui. Tutte le volte che qualcuno si assume la responsabilità della vita di un altro, in un certo senso esercita la paternità nei suoi confronti. Nella società del nostro tempo, spesso i figli sembrano essere orfani di padre. Anche la Chiesa di oggi ha bisogno di padri. È sempre attuale l’ammonizione rivolta da San Paolo ai Corinzi: «Potreste avere anche diecimila pedagoghi in Cristo, ma non certo molti padri» (1Cor 4,15); e ogni sacerdote o vescovo dovrebbe poter aggiungere come l’Apostolo: «Sono io che vi ho generato in Cristo Gesù mediante il Vangelo» (ibid.). E ai Galati dice: «Figli miei, che io di nuovo partorisco nel dolore finché Cristo non sia formato in voi!» (4,19). Essere padri significa introdurre il figlio all’esperienza della vita, alla realtà. Non trattenerlo, non imprigionarlo, non possederlo, ma renderlo capace di scelte, di libertà, di partenze. Forse per questo, accanto all’appellativo di padre, a Giuseppe la tradizione ha messo anche quello di “castissimo”. Non è un’indicazione meramente affettiva, ma la sintesi di un atteggiamento che esprime il contrario del possesso. La castità è la libertà dal possesso in tutti gli ambiti della vita. Solo quando un amore è casto, è veramente amore. L’amore che vuole possedere, alla fine diventa sempre pericoloso, imprigiona, soffoca, rende infelici.
Papa Francesco, Patris Corde, 7
In occasione della festa di san Giuseppe sposo della Vergine Maria – che quest’anno, per la coincidenza con la IV domenica di Avvento, si celebra il 20 marzo – vogliamo assicurare la nostra preghiera per tutti coloro ai quali il Signore ha fatto dono di essere “padri”.
Nella celebrazione delle ore 18 di lunedì 20 marzo, mentre celebreremo la solennità di San Giuseppe, dedicheremo una particolare intenzione di preghiera a tutti i papà presenti in chiesa.
A seguire, nel saloncino dell’Oratorio, ci sarà la possibilità di trattenersi insieme qualche minuto gustando le tradizionali “sfincie” di san Giuseppe.