Omelia nel rito di Dedicazione

CELEBRAZIONE EUCARISTICA CON RITO DI DEDICAZIONE

DELLA CHIESA DELLA TRASFIGURAZIONE DEL SIGNORE GESÙ CRISTO

Milazzo, 21 novembre 2020

Omelia dell’Arcivescovo Mons. Giovanni Accolla

Sento il bisogno di dare il mio saluto al Signor Sindaco, eletto da poco ma già con questo “carico” di curare e avere attenzione per tutti i cittadini; ma anche a padre Piero, che da qualche anno ha seminato, e tanti frutti non vede perché è un uomo di speranza e ne vuol vedere ogni giorno sempre di più. Grazie, padre Piero. Grazie, signor Sindaco. Grazie a tutte le autorità civili e militari. Mi accodo – o meglio confermo – a tutti i ringraziamenti espressi dal Direttore dell’Ufficio Tecnico e dall’impresa: dall’operaio più semplice o manovale fino al progettista o direttore dei lavori o ai nostri uffici tecnici; anche a chi, insieme con padre Piero e su sua idea progettuale, ha voluto dare le finiture e proporre l’arredo sacro – che poi non è “arredo” ma la parte principale della vita della chiesa – cioè il crocifisso, l’ambone e l’altare, dove si celebra il sacrificio, ovvero l’architetto Sciotto con tutti gli altri collaboratori. Devo dire, veramente un “gioco di squadra”! E se si tratta di un “gioco” è fatica perché si lavora, ma esprime la gioia del cuore, proprio perché ci si apre al servizio a favore di tutti i fedeli che oggi qui sono convenuti e che in questo quartiere vivono.

Vorrei mettere in evidenza alcuni aspetti, in maniera breve. In modo particolare, intendo sottolineare che cos’è una chiesa. La chiesa è la casa del Signore, dove “abita” il Signore; è la casa di Dio. Ecco perché la ditta Baglione è così orgogliosa: perché ne hanno fatto case per gli uomini, a non finire; forse anche una strada per camminarci su… ma addirittura avere il privilegio di aver dato una casa al buon Dio… è una cosa bella! Anche perché quella casa, fatta per il Signore, è casa per tutti coloro che sono membra vive del corpo di Cristo, cioè tutti i fedeli battezzati. È casa che accoglie Gesù in tutti i suoi membri, ma anche che “allarga il cuore” – come dice papa Francesco nell’ultima enciclica – perché tutti siam chiamati ad essere fratelli. 

La casa di Dio, in un territorio e in un quartiere, è un luogo significativo e identitario, di aggregazione, che consente ad una popolazione di prendere coscienza di essere popolo che si appartiene l’un l’altro, che può scoprire la bellezza della propria identità solo attraverso la fraternità e la comunione con il Signore per i credenti, e la fraternità e la comunione con tutti quelli che il Signore mette sul nostro cammino e comunque vivono in questa “casa dalle porte aperte”, in questa “casa allargata”.

Parlerò un po’ di me, ma in quell’esperienza che ho vissuto e che prima di diventare Vescovo mi ha appassionato (e voi ve ne siete accorti di quanto ero appassionato per le cose dette con simpatia e fermezza!) ho capito che un elemento importante è l’identificazione del luogo di culto. Una chiesa non si confonde con un albergo, una sala da ballo o un centro commerciale… si deve identificare per quello che è: casa di Dio! E chi è che la identifica, solo l’arredo interno ed esterno? La identifica il popolo santo di Dio che, incontrando Gesù nel luogo costruito come chiesa, comincia a sognare di incontrare Gesù in quella che è la “Chiesa dalle porte aperte”, cioè al di fuori di essa, nella carità e nella testimonianza. Ciò che è stato nutrimento e fonte di vita venendo verso Gesù, ascoltando la sua Parola, diventi fortemente testimonianza ed annuncio.

Per questo abbiamo pensato ad una chiesa che fosse un luogo da poter chiaramente identificare. Si riconosce anche da lontano, si intercetta anche dall’asse viario. E se per fare atterrare gli aerei sono necessarie le torri di controllo e per far entrare le navi in porto occorrono i fari rossi e verdi, per incontrare il Signore è necessario che ci sia un punto ben preciso, visibile; e quella visibilità ha bisogno di diventare luogo di incontro e, da lì, una opportunità di annuncio e testimonianza. 

Questa chiesa è la casa di questo quartiere, un quartiere in espansione. Dal punto di vista urbanistico? Riguarda l’ufficio comunale. Dal punto di vista infrastrutturale? Riguarderà l’amministrazione comunale. Come luogo di crescita della vita nella dignità della persona umana e nel rispetto delle persone, luogo che si possa caratterizzare con una sua identità? Questo compito, in modo particolare, riguarda il parroco, i suoi fedeli e tutti coloro che qui si mettono in ginocchio davanti a Gesù per scoprire la bellezza dell’amore di Dio e contagiare di amore tutti coloro che stanno attorno a questa casa.

Cosa possiamo chiedere ancora al Signore? Quello che la parola di Dio oggi ci ha detto: che questa comunità diventi, in maniera un po’ metaforica, “luogo di culto”. Questa comunità sia fatta da veri adoratori in spirito e verità. Abbiamo ascoltato il brano della Samaritana che è una grande provocazione. Noi abbiamo bisogno di luoghi di culto nei quali adorare Dio: un monte, a Gerusalemme… ma gli adoratori adoreranno Dio in spirito e verità! Vedete come si fa forte, impellente e urgente, senza perdita di tempo, con entusiasmo e gioia, la necessità di dare testimonianza alla verità, a Gesù. Perché la verità non è quella che ricercano i giudici nei tribunali e che a volte risulta falsata; né tantomeno quella che offrono gli storici che talvolta pensano di esaltare se stessi dicendo quanto sono dotti e conoscitori. La verità non è oggetto di studio, né è il risultato di una ricerca. La verità ha un nome ed è una persona, è colui che rispecchia pienamente il volto di Dio, e questa persona si chiama Gesù: «Io sono via, verità e vita». 

Dove insiste un luogo di culto? In mezzo alle vie. Volete che queste vie diventino un labirinto? O che queste vie abbiano un punto di riferimento che illumina e dà senso ogni cammino? Come bisogna camminare, brancolando? Cercando verità che poi sono né più né meno surrogati di vita? Vogliamo adorare Gesù ritagliando una fetta di tempo e uno spazio fisico dove “addormentare” il nostro cuore? No, l’incontro con Gesù ci sveglia, non ci addormenta. Non è un’attività di ipnosi, ma una provocazione continua dove il dono di grazia provoca in noi il dono di generare vita nuova.

Signor Sindaco, c’è bisogno di generare vita nuova in questo quartiere? Cittadini… o meglio fedeli, c’è bisogno di generare vita nuova? Ma non era Gesù che era “via, verità e vita”? Siete capaci di venire a pregare, ad attingere qui, a nutrirvi dell’eucaristia, della parola di Dio e contagiare attorno per ridare splendore, per far sentire questo luogo come un luogo che genera vita nuova in tutto questo territorio e anche oltre, attraverso un’esperienza di fraternità che papa Francesco guarda nello splendore della sua universalità? «Io sono via, verità e vita». Dove bisogna adorare Dio in spirito e verità? Questa chiesa deve diventare il luogo – non il mito di avere il giocattolo più bello sul territorio come manufatto – e l’opportunità di quest’incontro continuo con il Signore, altrimenti continueremo a brancolare nel buio, non troveremo Gesù che è luce per noi.

Noi oggi consacreremo questo luogo. Mi piacerebbe se, quando ungo l’altare, ognuno di voi si sentisse unto e crismato dall’amore di Dio, come se quest’unzione di altare richiamasse un po’ in ognuno di noi quello che gli apostoli e i padri ci hanno insegnato. Che quest’altare possa diventare il simbolo vero di Gesù, che è vittima e altare al contempo; e se noi siamo membra vive del Signore, il profumo di incenso possa scaturire da noi perché stiamo bruciando e ci stiamo “consumando”, offrendo la nostra vita. Questo è il senso del profumo. E possiamo farlo solo con Gesù, come membra vive del corpo di Cristo, e diventare – nella preghiera “principe” di ringraziamento che è la preghiera eucaristica – insieme con lui, altare sacrificale e offerta. 

Ho benedetto i fedeli, ho benedetto le mura, consacreremo l’altare… ma siamo noi che ci consacriamo su quell’altare, insieme a Gesù!

Facciamo il nostro proposito di dire: sì, Signore, noi vogliamo arredare questa casa con il dono della fraternità nella quale, in Cristo, tu ci hai chiamato. Vogliamo che la nostra vita sia “ambone” dal quale si annuncia la tua parola. Vogliamo che la nostra vita sia “altare” sul quale la nostra vita si offre totalmente. Che il “battistero” sia il luogo in cui inizialmente ci immergiamo totalmente nella tua vita o ci lasciamo bagnare e rivestire totalmente da te, indossando quella veste candida che è lavata dal sangue dell’Agnello, per diventare offerta pura, santa e gradita a Dio. Non per l’aspetto del sacrificio, ma per la gioia dell’offerta. 

E allora i nostri piccoli sacrifici, i momenti bui della nostra vita, le difficoltà che incontriamo… ci scoraggiano? Ci deprimono? Soffocano la speranza? Per il cristiano non può esserci spazio per questo, ma la perenne certezza che l’incontro con Gesù dà forza e vita nuova e noi, membra vive del suo corpo, diventiamo portatori di questa esperienza di grazia e di fedeltà dell’amore di Dio. 

Ecco cosa significa essere Chiesa e fare della nostra vita un luogo abitato da Dio. Voi siete dimora dello Spirito Santo, siete dimora e casa di Dio. Se Dio abita in noi, oggi non stiamo consacrando solo la chiesa della Trasfigurazione ma, aprendo il cuore assieme a Gesù, ci stiamo trasfigurando per trasfigurare come pienezza di luce tutte le case e le famiglie che, attorno a questo luogo, troveranno l’opportunità e la gioia per condividere il suo amore con i fratelli.