Un Dio che non si merita, si accoglie
È diventato un po’ banale celebrare il Natale con i classici auguri di “gioia, pace e serenità”; ai quali poi, dobbiamo ammetterlo, alla fine ci crediamo ben poco… E allora, perché non proviamo a smettere di celebrare il Natale come se fosse una cosa banale? È anche questo che ci invita a fare la liturgia, che proprio nel giorno di Natale ci offre un brano del vangelo di Giovanni (1,1-18) in cui manca tutta la “magia” del presepe per affermare, con un’evidenza disarmante, che Dio è venuto a far risplendere le tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolto; egli era nel mondo, e il mondo se n’è infischiato.
Si tratta di un’annotazione di una portata eccezionale, se la prendiamo sul serio: c’è il rischio, infatti, che non ci rendiamo più conto di cosa sia il Natale cristiano. E perché questo avviene? Forse perché siamo ormai troppo rassegnati ad ammettere che “così va il mondo, e non posso farci niente”; forse perché siamo ormai troppo legati a tante cose che hanno invaso la nostra vita, da farci dimenticare le persone; forse perché abbiamo assunto uno smoderato senso di disinteresse verso la società, la politica, il senso civico…; forse perché abbiamo dimenticato cosa significhi “rispetto” o “solidarietà”… Forse perché – ed è la cosa più grave – non abbiamo più attenzione alla nostra stessa vita: sempre alla ricerca del brand giusto da vestire, del fitness che ci fa apparire belli, dell’estetista che nasconde ogni nostra imperfezione… ma alla coscienza e al senso della Vita (quella vera), quando ci pensiamo? Al valore di una Vita che ci è data – e che proprio oggi è nata per far rinascere la nostra – quando ci dedichiamo?
Ci vuole coraggio ad essere cristiani. Il vero cristiano non è chi va in chiesa il giorno di Natale, chi ostenta il presepe di casa sua, chi fa regali alle persone cui vuole bene… il vero cristiano è, come dice la liturgia di oggi, chi ha il coraggio di distinguersi dalle tenebre e dal mondo. Dio non lo si merita, lo si accoglie; e questo può farlo solo chi accetta di darsi una mossa, di mettersi finalmente in cammino, di alzarsi dal tiepido conforto del proprio salotto, di sollevare lo sguardo dallo schermo di un dispositivo, per incrociare quello degli occhi di chi c’è sulla strada. «Come sono belli sui monti i piedi dei messaggeri di pace», dice la prima lettura (Is 62,1-15). I piedi, non le parole. Il Natale ci chiede di alzare lo sguardo dai nostri schermi, e prendere la strada per guardare il mondo intorno a noi. Ed è lì che accoglieremo il Signore che viene, il Bambino che nasce. Questo è l’augurio più bello che possiamo farci!